Pagina:Deledda - Il fanciullo nascosto, Milano, Treves, 1920.djvu/152

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146 il voto


— E chi lo sa che non lo faccia? A Roma, — aggiunse, ripiegandosi sul suo ginocchio, — a Roma ci sono molti frati?

— A file lunghe come muri; tutti brutti peggio di te.

— Sei stata sempre sana? — si ricordò finalmente lui di domandarle.

— Io sì, grazie a Dio. I primi giorni mi girava la testa, per la gente e le carrozze. Sembra il mare. Ma poi mi sono abituata, e la cuoca della mia padrona mi ha insegnato come bisogna passare per non essere investiti dalle carrozze.

Egli osservò, pensieroso:

— Che diavolo di luogo! Quante anime ci sono? Gente ricca!

— Ricchi e poveri! — disse Marianna con allegria dispettosa. — Come qui lo stesso, cosa credi?

— Tu andrai ancora con la tua padrona? E il marito non viene qui, quest’anno?

— Verrà a riprenderci, in agosto: sì, io me ne andrò ancora e non tornerò mai più. Che cosa vengo a fare, qui, Paccià? Tu non mi vuoi più.

— Chi ti ha detto questo? Io ti voglio: