Pagina:Deledda - Il ritorno del figlio - La bambina rubata, Milano, Treves. 1919.djvu/60

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ne curava più che tanto: pareva ricaduta nello stato di prima, e lasciava fare agli altri quello che volevano.

Così, il cieco passava silenzioso lungo la parete della cucina, poi di quella della stanza da pranzo, penetrava nella camera di Albina e si metteva accanto al letto dov’era il bambino, e lo toccava timidamente, gli parlava sottovoce, poteva star lì finché voleva.

Il brigadiere, intanto, indagava: e naturalmente non riusciva a saper nulla. Il dottore veniva spesso: non insisteva presso Bona perché ella tenesse il bambino, ma ogni volta le chiedeva una tazza di caffè e lo voleva da lei.

Il quarto giorno consigliò alle serve di far alzare il nuovo Elis. Lo alzarono. Albina gli aveva lavato il vestitino, e gli ravviò i capelli fini ondulati e lunghi. Era bello, adesso, d’una bellezza bruna e un po’ melanconica come quella della viola.

La serva lo portò in cucina, lo mise a sedere sulla panca, accanto alla padrona. Questa non si scuoteva, mentre il cieco, dall’altro lato del camino, protendeva il viso quasi ansioso ma come illuminato da un sorriso interno: non osava parlare né toccare il bambino, in presenza della padrona, ma pareva l’odorasse.