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Il pastore di anatre 219

dendo in alto i grandi becchi gialli e grigi che parevano nasi di cartone come quelli delle maschere grottesche. Si sentiva il soffio dell’acqua corrente e l’odore dei gigli palustri: ma la vera poesia che sollevava il cuore di Pino e i becchi delle anatre scaturiva dal fatto che innumerevoli chioccioline coprivano di una crosta simile alla lebbra i cespugli della riva.


*


Era d’agosto e faceva caldo anche laggiù: le zanzare poi pareva nascessero dall’erba e senza riguardo s’introducevano nei calzoni di Pino, punzecchiandogli anche il sedere. Abituato a ben altre disavventure, adesso che le anatre stavano tutte attaccate ai cespugli e li succhiavano come mammelle, egli si abbandonava ai suoi ricordi. Gli sembra di essere ancora nel prato, di là dall’argine, coi fratelli e i cugini: si bastonano a vicenda, contendendosi un toporagno che è stato preso dalla trappola combinata in comune. L’animaletto, con gli occhi lucenti e aguzzi come punte di ago, si dibatte anche lui dentro la trappola di giunchi, piccola quanto un pugno: le bambine piangono e scappano, perchè hanno paura di tanto mostro, e in casa si sente la mamma questionare col non-