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Il pastore di anatre 223

so di terrore. Per fortuna la madre gli aveva dato un fazzoletto, che egli s’era proposto di tener pulito. Con grandi sospiri lo trasse e lo spiegò: con grandi sospiri si legò il piede: e non dimenticò mai l’amarezza che provò quando il Bilsi, senza alcun senso di pietà, pur vedendolo così gravemente ferito, gli gridò di riprendere il lavoro.


*


Le giornate di agosto non sono poi tanto lunghe: ma per Pino quella fu la giornata più lunga dell’anno.

Verso il tramonto egli conosceva già una per una le dodici anatre, il modo di ciascuna di camminare, di guardare, di starnazzare: e le odiava dalla prima all’ultima. Quando era sicuro di non esser veduto le maltrattava, battendole con la fronda o buttando loro manciate di terra. Prese la zoppa e la scaraventò nell’acqua, e rise nel vederla dibattersi come un nuotatore al quale è venuto il crampo ai piedi. Sentiva di essere diventato pure lui cattivo. Oh bella, e gli altri non lo erano con lui, cominciando dai genitori? E non pensava che, dopo tutto, per lui forse era meglio che i Bilsi lo trattassero così, da povero servetto: non pensava nè que-