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Il pastore di anatre 225

nell’immensità dell’aia come una flotta in mare, le si piantò davanti e la guardò coi suoi grandi occhi di gatto affamato, ella lo fissò trasognata e gli disse:

— Allora puoi andare, allora.


*


Ed egli se ne andò, con la testa e lo stomaco vuoti. Per distrazione s’era portato via la fronda, e camminando lungo l’argine gli pareva di aver ancora davanti le anatre che tentavano di sbandarsi: egli agitava la fronda, qua e là, tagliando il silenzio del rosso crepuscolo.

Ma il digiuno aguzza le idee: e così egli d’improvviso ne ebbe una, che gli sollevò finalmente il cuore.

— Se dico che sono stato trattato male mi piglio anche qualche ceffone dalla mamma, — pensò. — Ecco che lei grida: per colpa tua, perchè non sai fare. Dice sempre così, lei. Invece io....

Si mise a correre. Oh, ecco il buon odore di casa sua! Odore di letame, di bambini sporchi, di erba falciata, di latte lasciato andare sul fuoco. Odore di gente viva. La mamma ha già fatto la polenta: già l’ha versata sull’asse; e