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Acquaforte 279

gnasti a noi di nasconderli come si deve fare coi nostri sensi più cari.

Ma quando tutto pareva sistemato, tu sei volata via. Dal balcone ti ho veduto volare sull’albero più alto, donde mi salutasti col tuo grido di gioia: dall’albero sul tetto; e di là hai incrinato il chiaro cielo che si è aperto per raccoglierti.

Come la pupilla del moribondo sei scomparsa in alto e il cielo si è chiuso sopra di te.

Così, d’improvviso, hai abbandonato la casa comoda e tiepida, il cibo sicuro, l’amore degli uomini; così forse vola via dal carcere caldo e molle della carne e ritorna dove nulla esiste tranne il suo stesso sogno, l’anima nostra. Allora, Checcolina, piccola cornacchia cattiva, allora, posso dirti la verità, ho provato con te un senso di gioia e di liberazione: ti ho pure invidiato.

Ma quando sul cielo la sera si distese nera come una grande cornacchia morta inchiodatavi su ad ali aperte, ho pianto come un’amante ingiustamente abbandonata.

Sapevo di piangere non per te, e per la tua fuga, ma perchè tu ti eri portala via un anno intero della mia vita, forse il migliore, con tutta la sua collana di giorni trascorsi in pace e in guerra: anno che non tornerà mai più. E non c’è morte che noi piangiamo come la morte di noi stessi.