Pagina:Deledda - Il vecchio e i fanciulli, Milano, Treves, 1929.djvu/117

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Quell’inverno, dunque, fu ancora più grigio e chiuso degli altri, per la casa di Ulpiano Melis. A giorni pareva una casa completamente disabitata; d’un tratto però si sentiva la voce maschia di Francesca che litigava con la madre, o parlava forte col cavallo e con le galline: il silenzio si animava, i ragazzi addossati al portone, sul quale batteva il sole, si scostavano intimoriti, mentre invece l’uomo d’Oliena, che portava sul suo cavallo grigio dal lungo pelo l’otre di vino, violaceo come una favolosa prugna, si faceva animo per picchiare e offrire la sua merce.

Un giorno, tre mesi dopo la morte del cognato, il portone si aprì, e ne uscì Francesca, vestita a lutto, col viso quasi completamente nascosto dai lembi del fazzoletto nero: in mano teneva ostentatamente in mostra il rosario rosso con una reliquia raggiante come una piccola sfera: pareva volesse far sapere