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neri e dalle foltissime sopracciglia che andavano a perdersi sotto i capelli ondulati, si sarebbe giudicato un bambino.
Vestiva bene, di fustagno marrone; aveva le scarpe nuove, ed uno zaino invece di bisaccia.
Il vecchio Ulpiano cominciò ad interrogarlo:
— Di dove sei?
— Di Arbius, — rispose il giovine, guardando verso i monti dove biancheggiava come un rimasuglio di neve questo piccolo paese di pastori.
— Ho un compare, ad Arbius, Francesco Stefano Farina: lo conosci?
— Lo conosco. Era compare anche del mio povero padre.
— Tuo padre è morto?
— È morto da tre settimane: il giorno dopo è morta anche mia madre. Anche un mio fratello è morto in guerra.
— Gesù Signore nostro! Sei ben male avventurato, — disse il vecchio; ma non credeva ciecamente a quanto il giovine raccontava. — Oh, dimmi dunque, tuo padre che faceva?
— Possedeva trenta vacche: in pochi giorni sono morte tutte, di afta epizootica, e neppure il cuoio è stato buono