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a lui che mi trovasse un servo. Ma sei bravo, tu, per le pecore?
— Vacche o pecore, per me è lo stesso. Provatemi.
— E, dimmi un po’, quanto pretendi?
— Quello che usate con gli altri.
— Ho avuto sempre servi anziani e uomini fatti. Tu mi sembri un ragazzino. Quanti anni hai?
E lo guardò fisso, perché qui non c’era posto per una bugia: tutti i giovani sani, come questo appariva, tutti, dai diciotto anni in su, erano sotto le armi.
— Ebbene, vi dirò la verità: ho sedici anni compiuti a Natale.
— Dio ti guardi, sei ben sviluppato. Ad ogni modo, se hai la forza, non hai la pratica: e ti darò sei scudi al mese.
— È poco: adesso il lavoro vale.
Il vecchio aumentò la somma: il giovine ascoltava calmo, serio, docile, ma rispondeva invariabilmente:
— È poco: adesso il lavoro vale.
Tanto che zio Ulpiano arrivò a cento venti scudi all’anno, somma che un tempo si dava ai servi più famosi. In ultimo domandò:
— Come ti chiami?
— Luca Doneddu.