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a lui, della sua forza e della sua agilità. — Ah, già, tu tendi il laccio ai gatti selvatici e te li mangi per lepri. Eppoi vai giù ad Oppia, a cenare coi diavoli.
— Più diavola di te non c’è altri al mondo, — egli gridò, mentre lei batteva il tacco sul ventre del cavallo e partiva di trotto.
Ella si volse e lo guardò dall’alto, come lui poco prima, con gli occhi duri, neri e bianchi nel viso scuro minaccioso.
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Appena rientrata a casa cominciò a parlar male del servo.
— A momenti mi bastonava, quell’asino insolente. Avete ragione voi, mamma; le parti sono invertite; i servi oramai sono loro i padroni. Quello, poi, è anche pazzo; ma pazzo maligno.
La madre però non le dava ragione.
— Sei tu, cuoricino mio, che attacchi lite con tutti: e trovi il fatto tuo.