Pagina:Deledda - L'argine, Milano, Treves, 1934.djvu/220

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tioco stava in casa del cavalier Adone Giovi e costui era troppo avaro per tenercelo gratis. Un primo allarme lo aveva discretamente dato il portiere: e tanto il portiere, quanto la signora, badavano anzitutto al rigido regolamento delle locazioni dello stabile, che proibiva assolutamente i subaffitti. E — pensava la signora Noemi, — è curioso come certi regolamenti in apparenza semplici e lineari, fatti per la gente che vuol vivere tranquilla, trascendano e diventino quasi leggi superiori. Ed ecco che al signor Antioco era proibito di abitare nella casa dove lei abitava. Ce lo aveva condotto il caso, o un calcolo stabilito? La vita, — aveva scritto «quel disgraziato» — è fatta così: si diverte a giocare con le piastrelle, come i ragazzi nella strada.

Non era il primo né l’ultimo uomo del mondo, il signor Antioco, che venuto a sapere di una vedova ricca, giovane e piacente ancora, poiché le circostanze della vita gliene avevano fatto scoprire l’esistenza, tentasse di avvicinarla e imbastire un possibile matrimonio con lei.

«Ma io me ne rido: la vita può essere sì, innocente come i monelli che giocano nella strada, ma è anche, spesso, come il diavolo che fa la pentola e non il coperchio».

Così ella pensava; e l’aver saputo in antecedenza i fatti dell’ex podestà amico di Franco, non le destava, in fondo, molta sorpresa. Ep-