Pagina:Deledda - L'argine, Milano, Treves, 1934.djvu/236

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passare con discrezione il verde quasi incandescente del cedro e del pino illuminati dal sole ancora alto. Ed ecco la signora Giulia sprofondata fra i cuscini del divano: le pareva un sogno, di esser ricevuta così cordialmente dall’inaccessibile padrona di casa; e i suoi occhi scintillavano come il cielo di fuori.

— Come è buona a ricevermi così, donna Noemi: sono tanto felice, ma tanto, davvero.

Noemi le stava davanti, quasi ai piedi, seduta su un seggiolino basso, e si aggiustava i capelli ancora un po’ scompigliati, osservando le grandi mani della signora Giulia: mani rosse, con le unghie corte e i polpastrelli tagliuzzati, use ai più duri lavori e che non si vergognavano della loro bruttezza.

— Scusi se l’ho disturbata, donna Noemi forse lei dormiva. Ma da questa mattina, quando il mio Adone mi disse che lei non avrebbe sdegnato una mia visita, sto come quei ragazzi ai quali si promette una gita di piacere. Ho anzi suonato un’altra volta; poi mi sono pentita, e sono scesa giù dal signor Francesco per vedere se la mia servotta era giù in guardiola: s’immagini! C’erano tutte, quelle belle canaglie, e strillavano come cornacchie: finché lui non le ha cacciate via con la scopa.

Una volta afferrato l’argomento; — sor Checco, fantesche, avvenimenti del palazzo, —