Pagina:Deledda - L'argine, Milano, Treves, 1934.djvu/70

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quello che sembra il più lineare, ha il suo tempo di inondazione devastatrice: poichè ogni uomo, ripete il vecchio Paolo, ha la sua storia.


Al contrario di quest’abitazione palustre, il mio ufficio, nel centro del paese, dunque, è circondato di movimento e spesso, nei giorni di mercato, di allegro chiasso. È uno stanzone a pian terreno, fra la succursale di una piccola banca, la farmacia, l’ufficio postale e altri locali d’importanza per la vita cittadina. La piazzetta è, dopo tutto, uno spiazzo terroso, a volte fangoso; non manca però di alberi, di panchine, e, nell’angolo, la vetrina di un caffè con belle torte e scatole di cioccolattini. Il paese è civile: il macellaio tiene, sul suo banco di marmo, un vaso di fiori freschi; i cestini della fruttivendola sono, anche di questa stagione, coperti di veli rossi. E, gloria e trionfo del luogo, sopra il portoncino di una casa che ha pretese di palazzetto, verdeggia una targa con su scritto a grandi lettere rosse «Circolo della Caccia». Fa piacere guardarla: si pensa ai boschi di castagni e di querce, qui sopra le colline e più in là sui monti; alla vita di sane emozioni dei bravi cacciatori dei dintorni.

Alle finestre dei primi ed unici piani di queste casette che sarebbero il quartiere nuovo del