Pagina:Deledda - La danza della collana, 1924.djvu/189

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«Con Giovanni non si parla mai di te, ma sento che egli pensa come penso io. Solo, a Natale, egli mi disse che dovevo farti gli auguri: ed io non ho potuto: mi pareva che dovesse sembrarti un’ipocrisia, ed ho preferito il silenzio. Adesso però non posso tacere oltre: l’inverno è passato, tutto si rinnova nella natura: perchè questo non può avvenire anche nell’uomo? Ti mando dunque i miei auguri, che sono pure per me, poichè dalla tua pace e dalla tua gioia mi verrà, spero, quello che più desidero in fondo al cuore: il tuo perdono.»

Questa lettera le parve sincera; ma non scioglieva il suo gelo.

Eppure sentiva di giorno in giorno crescere il peso della solitudine. La speranza di trovare qualche cosa che l’aiutasse a vivere l’aveva, in fondo, sempre accompagnata. I sensi vigili, tanto più vivi quanto più frenati, avevano popolato di desideri e d’illusioni la desolata realtà dei giorni sterili; e il tempo le era colato fra le dita come l’acqua nella clessidra, inavvertitamente, ma sempre palpitante e vivo.