Pagina:Deledda - La giustizia, Milano, Treves, 1929.djvu/52

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— E la lasci andare! — esclamò Serafina, dando un manrovescio alla gatta, che saltò in mezzo alla stanza. — Non vede che le sporca tutto l’abito?

— Figlia di…, — gridò don Piane. — La sporca sei tu! Se torni a toccar il gatto ti mando fuori a pedate.

— E provi un po’! — disse l’altra ridendo e sfidando. — Ma vado o non vado in quella casa?

— Va in casa del diavolo!

— Vado dunque, e obbedisco la padrona nuova! — concluse ella amaramente.

La padrona vecchia era lei, ed ora l’addolorava che il suo dominio finisse: intanto, per profittare delle ultime occasioni, prima di recarsi da donna Maurizia entrò in dispensa e rubacchiò qualche cosa.

Maria trepidava pensando al suo primo decisivo incontro col suocero; e tutta la mattina, mentre Stefano, assopito dopo la lunga notte insonne, riposava in una dolcezza di sogno, ella vagò in punta di piedi fra la camera e il salotto, guardando ogni cosa con occhi timidi e stupiti, prendendo silenziosamente possesso di ogni angolo. Sulle prime provò uno sbalordimento quasi spiacevole nel trovarsi fra tanta ricchezza ed eleganza di mobili e di stoffe, intravedute appena in un tempo lontano, quando il marito le parlava della casa paterna.