Pagina:Deledda - La giustizia, Milano, Treves, 1929.djvu/73

Da Wikisource.

— 65 —

ralmente, gli lasciò uno strascico di debolezza e di disturbi viscerali. Ma se lui si fosse attenuto alle mie prescrizioni la convalescenza sarebbe stata breve e completa: no, lui invece di nuovo a cavallo, a caccia, a pigliar aria cattiva, a far cattive digestioni, ed a... quello che sa lei! — e portandosi furbescamente il pollice destro alle labbra accennò l’azione del bere. Maria sorrise, ricordando il suo vino giallo. — Naturalmente doveva venir questa orribile settimana di febbri gastriche: ma, sa, è come il tempo in questa stagione; vede, dopo l’estate c’è stato un periodo di fresco, ora c’è l’estate di San Martino, poi ritorna il fresco e non se ne parla più. Lei mi capisce benissimo.

— Ma sì! — assicurò ella, benchè veramente non avesse capito bene.

— Ora, conchiuse il dottore, — lascio Stefano in mani sue: lo faccia star in regola per qualche giorno ancora e tutto passerà. Del resto era cosa da nulla.

Maria, lo stesso giorno, sorridendo, riferì tutto a Stefano, che s’era messo a scrivere una lettera nella sua camera.

Era diventato magrissimo, con gli occhi infossati, fissi, circondati da un lividore che gli saliva fino alle tempie; la sua mano tremante stentava a scrivere; tutto il suo aspetto era così cadaverico che Maria, pur vedendolo alzato e