Pagina:Deledda - La vigna sul mare, 1930.djvu/182

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crescevano altissime le canne imbrunite dal gelo, e i carciofi trasandati e inselvatichiti aprivano sulla terra le ali grigie delle loro grandi foglie.

L’uomo si sollevò sulla schiena e guardò in alto; si piegò e fissò l’erba ai suoi piedi. Pareva salutasse. Salutava infatti la sua giornata di lavoro.

*

Cominciò col segare le canne, poiché l’erba non bisogna molestarla finché dura la brina, come non bisogna svegliare il bambino che dorme. Le canne cadevano, una dopo l’altra, salutando a loro volta i raggi del sole, coi quali avevano tanto scherzato; ma i raggi le seguivano fin dove esse giacevano lunghe stecchite con le chiome ancora vibranti di vita, e pietosamente le riscaldavano.

Anche l’uomo si riscaldava. Non sentiva più la fame, perché il sole e il lavoro nutriscono come il pane; e i suoi pensieri erano tutta una cosa con le cose che egli toccava.

Solo quando si trattò di mutare lavoro, parve ricordarsi di qualche altra cosa: di un vuoto interiore che bisognava colmare. Ma in tasca non aveva un centesimo, e si vergognò di domandare un acconto al padrone del giardino.

Il padrone però, che lo sorvegliava, poiché