Pagina:Deledda - Le colpe altrui.djvu/32

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Frate Zironi s’avanzava guardandola come la mattina aveva guardato il panorama dalla montagna; e a sua volta ella gli sorrideva di lontano, con gli occhi voluttuosi, coi bei denti scintillanti nel viso scuro e fino, e sventolava la sottana per salutarlo.

Egli rispose al saluto con enfasi, sollevando le mani con le palme rivolte a lei:

— Dio è grande ed è padre amoroso dell’uomo se per sua delizia e per abbellire il mondo dà vita a creature come Vittoria Zara. Il sole? Le stelle? I fiori? Gli uccelli? Le fontane? Sì, sono cose belle, dànno luce e profumo; sì, va bene, ma che cosa contano davanti a una creatura i cui occhi brillano come quelli di Vittoria Zara? Sia dunque lodato Dio.

— Sempre sia lodato! — disse Vittoria, mostrando con civetteria tutti i suoi denti di perla. — Frate Zironi, Frate Zironi! Finalmente vi si vede! portate il buon tempo come le rondini, cuor mio. Venite, venite; dove avete lasciato il cavallo? Venite, vi darò il caffè, vi darò tutto il cuore. Siete stato allo stazzo Zanche? Il nostro servetto, tornato poco fa, dice che zio Bakis è quasi guarito.

Egli ricordò che portava cattive notizie ed ebbe rimorso di offuscare la gioia di lei.

— Sì, pareva stesse bene, ma dopo mezzogiorno è tornata la febbre alta. Bisognerebbe che una di voi andasse là finchè non arriva Andrea, per non lasciar solo il malato così in mano alle serve.

Il viso di Vittoria si oscurò e la sua voce modulata si fece triste.