Pagina:Deledda - Nostalgie.djvu/218

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Regina accompagnò la balia e la bimba al giardino della stazione, poi andò a trovar Gabrie. Le portava un libro, un mazzolino di viole e un pacchettino di biscotti, e camminava agile e lieta, con l’illusione in cuore di andar a fare un’opera, di carità. Guardò l’orologio della stazione: segnava le dieci. Nell’aria, così immobile che gli alberi dei viali non avevano un fremito, passava un profumo di narcisi e d’erba: nello sfondo, dietro la stazione, le montagne in colore di fior di lino si delineavano appena, come attraverso una trasparenza di lago.

Un venditore d’uccelli precedeva Regina di pochi passi; e la festa della primavera era così intensa e invadente che persino i piccoli passeri ancora senz’ale, i pettirossi macchiati di sangue, i canarini gialli come giunchiglie, entro le due gabbie dondolanti tenute dall’uomo melanconico, pigolavano di gioia. Regina ebbe la idea di comprare un passerino per la bimba; ma che ne avrebbe fatto Caterina? L’avrebbe soffocato senza neppure divertirsi. No; Regina non voleva abituar la sua bimba a dei piaceri inutili, a dei capricci crudeli. «Ma, pensò, comprando l’uccellino, do un momento di gioia a questo venditore melanconico, che oggi non deve ancora aver venduto».

— Ma no, — pensò poi, — perchè mi pare sia melanconico quest’uomo? Forse anch’egli è felice. Siamo noi che amiamo figurarci che il nostro prossimo soffra, mentre spesso è più felice di noi. Un tempo tutta la gente mi sembrava