Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 228 — |
losofare, ma suo malgrado si rivolgeva qualche domanda.
Perchè accadeva tutto ciò che le accadeva? Perchè s’era ella un giorno ribellata contro il suo buon destino, e lasciata trasportare da un capriccio, e perchè questo capriccio, questa leggerezza femminile, da lei commessa quasi incoscientemente, aveva generato un dramma vero?
— Perchè dobbiamo soffrire — ella si rispose. — Perchè il dolore è lo stato normale dell’uomo. Ma io non voglio soffrire: voglio ribellarmi ancora. Anzitutto voglio vincere questo dubbio che ora mi avvelena, voglio conoscere la verità: e quando l’avrò conosciuta... che cosa farò?
Ella ragionava ed aveva coscienza di ragionare: questo le serviva di qualche conforto, od almeno le faceva sperare di non commettere più sciocchezze. Ma a momenti ella si domandava se non era già una sciocchezza il suo dubbio.
— Eravamo, siamo così felici ora! Ma io ho bisogno sempre di tormentarmi. Mi sembra di ragionare, ma il mio dubbio stesso è una pazzia. Però, forse io penso così per convincermi che niente è vero, mentre sento che tutto è vero...
— Forse ho paura di perdere la mia felicità, e voglio conservarla a tutti i costi, anche con una transazione vile della mia coscienza.
Ah, questo sì, questo pensiero le faceva perdere la ragione: allora ella diventava come l’ultima delle donne che si fosse trovata nel suo caso: non discuteva più.
Un tremito nervoso la scosse, le contrasse i