Pagina:Deledda - Nostalgie.djvu/252

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frusciante come un giovine pioppo, seguiva, automaticamente, quasi rimorchiata dalla donnona; e quando questa si fermava, — e si fermava davanti a tutte le vetrine di collane e di anellini, — anche lei si fermava, con lo sguardo vago e velato.

Alla lunga, tormentosa eccitazione, succedeva in lei un indefinibile torpore: le pareva di camminare in sogno, e che anni ed anni fossero trascorsi dopo che era passata in via San Lorenzo, seguendo il venditore d’uccelli.

Di tutte le sensazioni provate le rimaneva solo una vaga tristezza: le sembrava di non dubitare più, d’essersi finalmente convinta della mostruosa sciocchezza del suo dubbio; ma non ritrovava la solita serenità.

Tre suonatori storpi, fermi davanti ad una casa dipinta lugubremente, piangevano coi loro vecchi strumenti un lamento di suprema melanconia; i marciapiedi erano pieni di vecchie straniere, dai cappelli gretti e ridicoli; da ogni sbocco di via scaturivano urli di automobili. Regina, forse a causa della sua miopia, aveva sempre paura delle automobili, specialmente nell’ora del crepuscolo, quando l’estrema luce del giorno si fonde col chiarore incerto dei fanali, in un barbaglio pericoloso. Quella sera si spaventava più che mai: le pareva che dei mostri si fossero scatenati per la città, ed urlassero per avvertire del loro passaggio. Un bel momento qualcuno di questi mostri si avventava contro di lei, contro la bimba, contro quella cosa semovente ch’era la balia, e le stritolava come granelli d’orzo.