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— Perchè non in tram? — chiese Gaspare.

Antonio disse che era meglio prendere una

carrozza per arrivare più presto, ma in realtà perchè, almeno per il primo giorno, egli voleva trattare signorilmente Regina. Gaspare insistè per il tram.

— Andiamo a piedi, — disse Regina.

— Tu non sai quel che dici. Non vedi che caschi di stanchezza! — esclamò il cognato.

— E allora prendiamo la carrozza, — ella rispose, per fargli dispetto.

— Come siete aristocratici! — proruppe il rozzo nemico delle donne.

Presero una carrozza e risalirono per via Nazionale, che cominciava a sfollarsi. Sotto la luce biancastra del cielo fattosi tutto argenteo, in lontananza, nello sfondo un po’ vaporoso di piazza ’Termini, il getto della fontana pareva un enorme flore di cristallo. In quell’ora, sotto quel cielo tenero e melanconico, con quello sfondo grandioso, la magnifica via, sempre più deserta, un po’ sonnolenta, era d’una bellezza squisita; ed Antonio guardò Regina per scorgere finalmente negli occhi di lei un raggio di ammirazione: ma i grandi occh pieni di stanchezza e d’ombra seguivano solo le insegne fuggenti e non distinguevano altro.

Giunti presso via Napoli, egli disse:

— Vediamo un po’ se in una di queste vie traversali riconosci la nostra via, Reginotta.

— Da questa parte io non l’ho vista ancora, e l’avessi pur vista non la riconoscerei che fra tre mesi. Tu sai che non ci vedo.

— No, è che non badi!

— E sia pure! A che serve badare?