Pagina:Deledda - Nostalgie.djvu/76

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timi tugurî dei paeselli sul Po, pieni di luce e di libertà.

E poi pioveva sempre, e Regina, non abituata a camminare, si stancava sempre più, vagando alla ricerca d’un nido su cui posare le ali ferite. In pochi giorni si fece magra e pallida; diventò irascibile e brutta. Qualche volta guardava Antonio con pietà beffarda. Le sembrava che non vi fosse cosa più commiserevole e ridicola d’un bel giovine elegante che «si rimorchiava» dietro una piccola moglie brutta, alla ricerca d’un alloggio da cinquanta lire mensili.

Che triste cosa la civiltà! Eppure Regina guardava con invidia i passanti, e pensava febbrilmente:

— Essi hanno una casa, sia pure un buco, e sanno dove tornare, e non si trascinano per le vie come noi, in cerca d’un rifugio! Noi siamo dei cani randagi, che non troveremo mai un buco dove morire.

Guardava con invidia selvaggia i villini inaccessibili, e un pensiero la colpiva:

— Anch’io avevo una casa! Una casa piena di luce e di poesia. Ed io l’ho chiusa con le mie stesse mani, e non la riavrò mai più!

A questo pensiero lagrime cocenti le velavano gli occhi. Antonio, che se la trascinava a fianco, silenziosa e stanca, la guardava anch’egli con pietà; indovinava in parte lo scontento di lei, ma qualche volta cominciava anch’egli ad irritarsi.

Infine, perchè ella rifiutava di andar ad abitare l’appartamento di via d’Azeglio? Che cosa voleva di più e di meglio?