Pagina:Deledda - Sole d'estate, 1933.djvu/63

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Oltre il muricciuolo, prima di arrivare alla casetta, in una svolta ripida, ella un tempo aveva un punto di osservazione, sicuro e riparato anche nei giorni d’inverno. Era una buca, un tentativo di scavo non riuscito, a poco a poco trasformatosi in una specie di grotta: una frangia meravigliosa di ginestre fiorite ne inghirlandava l’apertura, e il sole ne verniciava l’interno col suo ultimo chiarore. Ella si fermò là: depose il suo bagaglio su una sporgenza di roccia, si volse a guardare. Laggiù, sotto la linea della strada ferrata, è il piccolo paese giù tutto nero nella sua conca, con la chiesa arcigna, la piazza dove stazionano come cariatidi i vecchi che pare non debbano morire mai, la fontana che sembra un grande calamaio traboccante inchiostro sbiadito: un brivido di tristezza ancora le raffredda il sangue al pensiero di dover passare una sola giornata in quel luogo di lenta agonia; e per riconfortarsi solleva gli occhi e guarda di nuovo il sole. Il suo disco di rubino è sospeso sul calice di cristallo viola della cima del monte: un attimo, e tutto si scioglie in una fiamma che a sua volta lentamente si spegne.