Pagina:Dell'obbedienza del cavallo.pdf/121

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Seconda. 93

letto in bocca, con le redini de’ quali fermate attorno al collo o alla testa, (di maniera che non resti per regolarlo se non che il vento lungo della cavezza) preso questo in mano prima di ogni altra cosa, si accosti dipoi al Polledro per fargli gran carezze, alfine di cattivarsi la sua benevolenza, indi con il metodo istesso che ha tenuto, il garzone li faccia fare la lezione solita alla volta grande, all’una e all’altra mano, per riconoscere la sua obbedienza, e trovata a dovere, faccia mettere alle redini della briglia un vento dell’istessa lunghezza di quello della cavezza, e torni a farli fare nuovamente la lezione con servirsi solo del vento della briglia per fargli le chiamate; quando poi questo non basti, e vi sia bisogno di maggior tenuta, metta in opera unitamente anche quello della cavezza, ma col sol tirare ed allentare senza mai far seco alle braccia. Il Polledro deve lavorar sempre sopra di se, senza appoggio alcuno alla mano, così il Cozzone deve servirsi dei venti, sì della briglia, che della cavezza, solo per far con essi le chiamate che occorrono, staccate, con tirare e lasciare, perchè s’avvezzi ad obbedire senza resistenza; e se il Polledro quando sente la chiamata in vece di cedere, forza la mano, o stracica seco il Cozzone, egli raccomandi l’estremità del vento al palo, come si è detto sopra, perchè trovi in tal caso resistenza maggiore della sua, e con il vento della briglia lo regoli; ma


non