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LIBRO QUARTO 169

gli abitatori, i quali abbandonate le case miraron Procopio d’improvviso addivenuto re da scena. Surse allora nella città grandissimo tumulto, nè eravi uom di quelli che potuto avrebbero salvar la repubblica nella repentina congiuntura di questo tentativo. Procopio intanto ritenea immaturo il tempo di aprirsi a molti, e che vie meglio riuscito sarebbe a mettere stabil piede sul trono proseguendo a rimanere occulto il suo disegno. Impadronitosi poscia di Cesario, nominato dagli imperatori alla presettura della città, e di Nebridio, succeduto a Sallustio in quella del pretorio; costrinseli a scrivere ai loro suggetti quanto reputava di suo maggior profitto1. Oltre di che in separati luoghi custodivali ad evitar loro ogni comunicazione di configli. Fatte queste disposizioni calcò pomposamente la via del pretorio, e salita la ringhiera innanzi ad esso empì gli ascoltatori di speranze e magnifiche promesse; quindi entrovvi per soprantendere al resto.

Egli di più vedendo che le truppe, non ancora sommesse ad imperiale comando, essendosi Valentiniano e Valente partiti di fresco l’esercito, ivano alla rinfusa qua e là a zonzo stabilì mandar loro gente per trarne il maggior numero possibile al suo partito, agevole riuscita distribuendo così ai militi come ai duci molta pe-

  1. Mercè di che il conte Giulio chiamato in Costantinopoli, come per comando imperiale, da premurosa lettera di Nebridio, in carcere tuttora, per discorrere seco intorno ai commovimenti ai barbari, vi rimanea sotto rigorosa custodia. Marcell., lib. xxii.