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174 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA

offerisse prezzo. Alla quale sentenza tutti, prostratisi in terra, supplichevoli pregavanlo che liberasse l’esercito da tanta ignominia, promettendo insiememente di mostrarsi per l’avvenire meritevoli del nome Romano. Laonde ordinato dall’augusto che le dichiarazioni loro venissero dai fatti comprovate, eglino surti da terra ripigliarono, come d’uso, le armi, bramosi di rinnovare l’aringo. Usciti pertanto del vallo così animosamente presero a battagliare che della sterminata barbarica moltitudine ben pochi tornarono salvi alle proprie case. Non altramente giunse a termine questa guerra contro ai Germani.

L’imperatore Valente, dopo la morte di Procopio condannati a pena capitale altri non pochi, e di alto numero applicate al fisco le sustanze, era in imbarazzi ritardanti la Persiana guerra, un grosso corpo di Sciti a dimora oltre il fiume Istro mandando sossopra le Romane frontiere. Laonde inviate a combatterli sufficienti milizie li arrestò, e costrinseli a cedere le armi e ad abitare, fattone scompartimento, nelle sue città site presso quel fiume, comandando che venissero custoditi in carcere, ma liberi dai ferri. Erano costoro gli spediti dal principe della nazione a Procopio per essergli confederati in quella impresa. Lo Scita dunque dimandatane all’imperatore la restituzione, asserendo trasmessi, mediante ambasceria, a chi aveane allora pieno diritto, l’augusto non volle saperne, rispondendogli non essere mandati alla sua persona, ed imprigionati non come amici, bensì come ostili; ripulsa donde trasse origine la Scitica guerra. Valente in seguito udito aven-