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LIBRO QUINTO 285

videsi obbligato ad appigliarsi all’uno dei due partiti, onde provvedere acconciamente alle occorrenze della giornata: poichè gli conveniva o differire la guerra, ottenendo con poco danaro una tregua, o ragunare tutte le sparte milizie e porle ne’ luoghi soggetti al passaggio del nemico per impedirgli di venire più oltre. Eragli di necessità parimente il conferire a Saro il comando supremo della guerra, idoneissimo ad intimorire col suo valore e perizia nell’arte delle armi gli avversari, e capitanando moltitudine di barbari sufficiente ad una valida resistenza. Se non che trascurata la pace, l’amicizia di Saro ed il ragunamento de’ Romani eserciti, posta in cambio ogni sua speranza nei divisamenti di Olimpio, fu cagione di tante calamitadi alla repubblica. E di vero, mettendo a duci dell’esercito coloro i quali sarebbero di leggieri tenuti a vile dai nemici, sidò la cavalleria a Turpillione, i fanti a Varane e la coorte dei domestici a Vigilanzio. Laonde ognuno, disperando, crede essere di già spettatore della italiana rovina tali furono gli imperiali ordinamenti.

Alarico, beffato l’apparecchio d’Onorio, intraprese la romana spedizione, e divisando accingersi a tanta impresa non solo con eguali forze ma ben anche maggiori, chiamò dalla superiore Pannonia, desiderandolo seco, Ataulfo, germano di sua consorte, cui obbedivano le non dispregevoli truppe degli Unni e de’ Gotti. Nè attesone l’arrivo procedendo innanzi trapassò di fretta Aquilea e le città per ordine site oltre il fiume Eridano, appellate Concordia, Altino e dopo lei Cremona. Valicato poscia il fiume quasi in festiva pompa, in-