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144 la carbonaria

che di ponente, overo zappe che tirano a sé che badili che buttino ad altri. Mi ha venduto un schiavo per cinquanta scudi, che val piú di cento, come a punto mi è stato chiesto da Filigenio. Mi ho guadagnato ducento scudi senza rischio e senza tormi dinari da mano in un batter d’occhio. Poi, mi torna molto a proposito l’amicizia di costui — egli va rubbando per le costiere di Schiavonia, e rubbane liberi e cristiani e li vende per schiavi: — senza spendere farò gran guadagno, oltre che mi manderá un buon presente, ché i forastieri sono osservatori della parola. Oggi è una giornata molto felice per me. Ma ecco Filigenio; certo vien per lo schiavo. Non me lo caverá di casa se non me lo paga benissimo: conosco che ne ha voglia.

SCENA V.

Filigenio, Mangone.

Filigenio. Mangone, son venuto a trovarti secondo l’appuntamento doppo tre ore; e se non m’hai servito, vengo almeno, ché ti ricordi di me.

Mangone. Sète venuto a tempo: v’ho comprato un schiavo piú meglio assai di quello che m’avete chiesto o che sapete desiderare. È giovane di diciassette o diciotto anni, bello di corpo e piú bello d’animo: ha un bel procedere, di belli ragionamenti, di apparenza assai nobile e allegrissimo, balla e canta graziosamente, e m’ho preso gran spasso con lui.

Filigenio. Poiché tanto lodi la tua mercanzia, è segno che vuoi stravendere. Mi bastava solo che fusse stato giovane e di belle fattezze.

Mangone. Vi dolete dunque che ve l’abbi compro miglior di quello che me l’abbiate chiesto?

Filigenio. Io non mi doglio di quel meglio, ma che tu con questo meglio mi vogli impiccar per la gola e vendermelo soverchio.

Mangone. Non l’ho detto per tale effetto, ma perché mi ricordo e so servir gli amici a’ quali porto affezione.