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160 la carbonaria


Forca. Ho fatto quanto ho saputo e potuto, e v’è successo ogni cosa contra la vostra opinione: questo è vizio della imperfetta nostra umana natura, ché discorgendo un ingegno, per savio che sia, sempre suol restare ingannato.

Pirino. Ma cosa si ha piú astuta della disgrazia? Oimè, oimè!

Forca. Rincora te stesso e sta’ in buon animo.

Pirino. Come starò di buon animo, se ho perduto l’animo? e togliendomesi Melitea, mi si toglie l’anima mia; con la perdita di costei io perdo tutte le mie speranze: o dolore insopportabile, ecco finita ogni cosa!

Forca. Io ti dico che non è finita ogni cosa: fa’ buon cuore.

Pirino. Io son tanto atterrito dalle fortune passate e dalla disperazione delle presenti, che non oso sperar nelle cose avvenire. La nostra rappresentazione ha mutato faccia: rappresentiamo una favola contraria a quella di prima! Mio padre, in sentir questo, cacciará subito Melitea di casa, e io non arò piú animo di comparirgli dinanzi.

Forca. Ed a me bisogna far voto a san Mazzeo per la schena.

Pirino. Son in un mar di travagli; né per tanti travagli l’amor scema, anzi piú cresce: o disgrazia senza rimedio!

Forca. Dico che non è senza rimedio, né questo è tempo di consumarlo in lamenti.

Pirino. Il piangere è fatto mio famigliare.

Forca. Vo volgendo per l’animo molte cose. O bel tiro mi sovviene! facciamo cosí, ché racconciaremo l’errore e daremo miglior perfezione all’opra, anzi — o bel pensiero! — castigheremo l’ardir loro, e vostro padre ancora, per avergli dato credenza, e ci vendicheremo di Panfago, e io provederò alla mia schena: faremo tre servigi ad un tempo.

Pirino. Deh, conservator della mia vita, ritornami vivo con qualche speranza!

Forca. Andiamo a trovare il pazzo, che stará in casa di Alessandro, conduciamolo in casa tua, tingiamoli la faccia con carboni e vestimolo delle vesti che tien or adosso Melitea; e sbalziamo Melitea fuor di casa tua e conduciamola in quella di Alessandro. Qua verrá il dottore a lamentarsi con Filigenio, gli