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182 la carbonaria


Dottore. La rapina, la povertá, la lontananza da’ suoi parenti, la violenza de’ corsari liberano la sua volontá d’ogni colpa di disonestá, e massime in lei che per la sua soverchia bellezza chiama a sé la violenza.

Isoco. Non dite cosí; ché la generositá dello aspetto, la maestá della bellezza sforza ancor le genti barbare a non cercarle cosa contra il suo volere: e io vi giuro — poiché mi fu referito — che i corsari che me la ruborno, la vendero come la tolsero da mia casa, con speranza di cavarne piú guadagno.

Mangone. Ed io vi assicuro di questo: ch’eglino, volendomela vendere per vergine cinquanta ducati di piú, la feci veder dalle commari, ed essendomi cosí affermato, li sborsai ducento ducati; e in mia casa è stata cosí conservata come uscí dal corpo di sua madre.

Dottore. Che costumi mostrava in quella sua etá?

Isoco. Di grande animo ne’ pericoli, ardita con modestia, di nobiltá umile e onoratissima nella bellezza: in un picciol corpo un gran spirito. E sappiate che di queste arti niuno le fu maestro; che dalle fascie si portò seco simili parti da far invidia a qual si voglia principalissima gentildonna.

Dottore. Io del suo acquisto e del non macchiato fior della sua verginitá per molto stupore son fuor di me stesso. O infinita Providenza, con quanti vari accidenti hai sospesi i nostri amori! per non farci accoppiare insieme, e la sua onestá avesse pericolato con il suo padre, hai fatto che Forca e Pirino con una gentil trappola abbian schernito i miei desidèri e involatamela dal seno.

Isoco. Di grazia, fatemela vedere, che da’ segni del suo conoscermi conoscerete esser vero quanto vi ho detto.

Dottore. Su, Mangone, diasi ordine di ritrovarla: non si perda piú tempo. Ma ecco Filigenio: viene a tempo per saper nuova di suo figlio.

Isoco. Voi cercate di costei e datemi aviso di quel che sará.