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184 la carbonaria

l’apparenza del falso bene. Nelle cose importanti si conoscono i nobili da’ plebei: se faremo alla scoverta, parlerò a Sua Eccellenza, e con il braccio della giustizia, col favore degli amici e de’ parenti e de’ danari ci offenderemo tra noi, e la cosa si pubblicará; e il meglio sarebbe la secretezza possibile. Bastivi alfin questo, che son padre e son uomo onorato.

Filigenio. Per dirvi la veritá, io non so cosa alcuna de’ fatti suoi: e tanto ne so ora, quanto da voi me n’è stato referito; ché ben sapete che i figli si nascondono da’ padri nei loro amori, e noi siamo gli ultimi a sapergli. Ma che si rimedino gli errori, io lo desidero piú che voi.

Dottore. Come dunque faremo per rimediargli?

Filigenio. Ecco, ecco il secretario de’ suoi pensieri: ecco qua il domestico, il maiordomo maggiore, l’inventore e l’essecutore de’ suoi garbugli.

SCENA V.

Forca, Filigenio, Dottore, Isoco.

Forca. (Or sí che potrò ben andar a sotterrarmi vivo per non incappar nelle mani di costoro).

Filigenio. Forca, vieni a tempo: ascolta questo gentiluomo che dice.

Dottore. Forca mio, se per l’addietro t’ho odiato piú che la morte, come ostacolo de’ miei desidèri; or, come quello che mi hai tolto da illeciti amori o disoneste nozze, te ne arò obligo eterno. Sappi che Alcesia — non piú Melitea — non è schiava di Mangone, ma mia legittima figliuola, che molti anni sono mi fu rapita dalla balia, come potrai piú a lungo intenderlo da costui... .

Isoco. Quanto dice questo gentiluomo tutto è vero.

Dottore. ... Onde io sapendo certissimo che tu e Pirino me l’avete rubbata dalla casa di Mangone, e conoscendo voi l’importanza della cosa, e conoscendo parimente che non posso tormi questa macchia dell’onore se non mi sia restituita, vorrei che facesti pensiero di effettuarlo.