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190 la carbonaria

io non so chi abbracciar prima, cosí egualmente vi amo e desio. Solo ti priego, caro mio Pirino, ch’ami la mia figliuola come l’hai amata per lo passato.

Pirino. Se l’ho amata schiava, povera e in casa d’un ruffiano, che si può dir piú? benché dalle sue maniere e sue creanze l’ho stimata sempre nobile e onorata, or dico che se non conoscendola l’ho tanto amata, quanto debbo or amarla sapendo che è vostra figlia? E quanto m’ho imaginato di lei, tutto m’è riuscito.

Dottore. Figlia, entriamo in casa, che ivi ragionaremo piú a lungo. Forca, trova Mangone e digli che gli dono i cinquecento ducati e che la mia facoltá è tutta sua; e chiama Panfago e liberalo dalla prigionia.

Pirino. Chiama ancora Alessandro, ché venghi a riconciliarsi con mio padre e goder insieme con noi una commune allegrezza.

Forca. Farò quanto comandate.

Melitea. Forca mio, giá è tempo di riconoscerti de’ piaceri ricevuti da te.

Pirino. Farò che questa sera sia tu libero e a parte d’ogni mio bene.

Forca. Io non merito tanti favori. Spettatori, Alessandro, Panfago e Mangone verranno a noi per la porta di dietro. Voi potrete andarvene a vostro piacere; e se la comedia v’ha piaciuta come l’altre, fatele il solito segno di allegrezza.