Pagina:Della Porta - Le commedie I.djvu/227

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atto secondo 217


Cleria. Io non niego che non me vi abbi donata e che non sia tutta vostra; ma in quel solo che può apportar biasmo e disonore al nostro commune amore, mi sottraggo dal vostro imperio: e in quello mi prestiate per un poco a me stessa, e poi subito torno ad esser vostra piú che era prima.

Essandro. La donazione fu libera e senza queste eccettuazioni: vi dovevate pensar prima che donarmevi. Or essendo mia, vo’ disponere di voi come di cosa propria.

Cleria. Ma ditemi, signor mio, come io me vi donai tutta, cosí voi intieramente vi donaste a me: or come cosa mia e non vostra, io vi comando che non mi debbiate astringere a questo fallo. E se voi sète gentiluomo e non m’avete detto mentita, mi ubidirete; e se non m’ubidirete, è segno che mi vi sète dato per beffarmi e per mancarmi di parola; e io non vo’ per signor della mia vita persona che manchi al debito di gentiluomo.

Essandro. Imaginatevi, anima mia, che siate in un steccato dove si combatte con arme di amore e di cortesia; e se ben la vittoria rimane appo il vinto, pur è gran carico lasciarsi vincere di cortesia. Se questa speranza che ho in voi mi vien fallita, non mi resta altro che morte. Signora, a tanti oblighi aggiungete questo altro. La vostra cortesia vinca il mio merito; gradite la mia dimanda la qual quanto è piú importante, piú mi dimostra il vostro amore e la cortesia. Fioretta mia sorella m’ha riferito che per questo vicolo rare volte vi passa persona, e vi è una porta che vien dritto in camera vostra, e la balia ne tien la chiave: se ciò mi negate, dirò che non da téma di onore, ma vien da desiderio della mia morte.

Cleria. Io conosco, cuor mio, che non è cosa al mondo, per grande che sia, che voi non la meritiate. Mi sento tanto intenerita da’ vostri prieghi che non posso negarvi cosa che vi piaccia. Vo’ che le leggi d’amore e di cortesia abbino quella forza che conviene. Disponete dunque di me come cosa veramente vostra; entrate in questo vicolo, ché Nepita v’aprirá la porta.

Essandro. Ecco ch’io non posso non chiamarmi vinto dal nobilissimo animo vostro. Conosco che veramente m’amate.