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256 la fantesca

d’esser stato nel mondo. Che mi curo io di vita? che di giustizia? Dieci anni di vita piú o meno non m’importa.

Granchio. (Chi ardirebbe toccar a costui la punta del naso?).

Essandro. Mi dicono che è romano e maestro di scuola, e che si chiama Arcinfanfano. Dimandarò ogniuno che incontro, accioché per negligenza non resti di trovarlo.

Granchio. (Or so che dice di maestro di scuola e di romano. Fuggete, padrone).

Narticoforo. (Io sono insonte, non sono stato infenso ad alcuno).

Granchio. (Mirate che ciera, che guardo fiero!).

Narticoforo. (Le ciere torte e i guardi fieri non pungono né tagliano. Dimandagli un poco chi sia).

Granchio. (Non son uomo da questioni).

Narticoforo. (Sii almeno da parole).

Granchio. (A questo sí, son buono, e non ve ne farò mancar mai; ma avertite che, venendo egli a fatti, io lascio le parole).

Narticoforo. (Sará meglio arripere la fuga).

Essandro. Vien qua tu: perché fuggi?

Narticoforo. Voleva andare, amicto, exonerare il ventre delle superfluitá della digestione.

Essandro. Dimmi, tu chi sei?

Narticoforo. Né romano né ludimagistro.

Essandro. Alla puzza de’ piedi conosco che sei pedante. O tu sei quel desso o devi conoscere quel pedante ch’io cerco. Conosci tu Narticoforo romano?

Narticoforo. Ti giuro per il quaternario e per la brassica ch’io non lo conosco.

Essandro. Che quaternario? che brassica?

Narticoforo Pythagoras, philosophus philosophorum, giurava per lo numero quaternario; iuro ego similiter per numerum quaternionem. E Socrate, che fu giudicato dall’Oraculo per il sapientissimo di viventi, giurava per la brassica.

Essandro. Alla loquela e all’abito mi pari un pedante.

Narticoforo. Non aedepol, non Hercle, non certo, non son unquanco. ...