Pagina:Della Porta - Le commedie I.djvu/325

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atto primo 315

Ma che son scudi ch’han ali alle spalle ed a’ piedi e corrono e volan via?

Antifilo. O Lardone, se qua dentro risplendei a qualche favilla di speranza, vedrai la mia liberalitá in altra forma.

Lardone. Leggete e vedrete.

Antifilo. Oimè, mi trema la mano, e pare che sia paralitico. So che qui dentro non ci può esser cosa che buona sia. Leggerò pure. — «Voi mi chiamate selvaggia, ingrata, disamorevole, empia tigre, crudelissima vipera e velenoso basilisco. Ma se son tigre, perché mi segui? se son vipera, perché mi servi? se basilisco, perché mi miri? Lasciami dunque vivere nella mia crudeltá, nella mia fierezza ed ingratitudine, né piú noiarmi con le tue importunitadi. Quando mai t’allettai ad amarmi? quando in parole o atti di avermi a seguire? se col desiderio ti pasce la speranza, quando ti ho dato io speranza che tu m’amassi? quando ti promisi fedeltá in amore? Tu stesso, per un tuo disordinato appetito, per un vano desiderio ed ostinata perfidia, mi hai sempre infastidita. Sarei veramente crudele, se mi ti fossi mostrata al principio pietosa e poi divenuta ingrata, se avessi promesso amarti e poi ritirata mi fussi...». — O cuor di marmo, o anima di bronzo, o petto di diamante! deh, perché non vo a precipitarmi?

Lardone. Veramente una turca, una cagna.

Antifilo. Non vuo’ piú legger per non morirmi affatto de disperazione. Ma io vuo’ leggerla solo per morire: a chi vive senza speranza, la morte sola gli è medicina. — «... Dicovi che voi stesso sète cagione del vostro male, voi stesso la fucina de’ vostri strali, voi stesso tessete fallacie, inganni e vani pensieri d’ingannar voi stesso. Tu dici che t’ho innamorato con la vista; tu ben sai che ti ho sempre scacciato con ogni mostra di sdegno. Se tu con la speranza hai sempre ravvivato le tue fiamme, ed io te l’ho sempre incenerite con odi, repulse ed ogni sorte de dispreggio: e perché dunque non disenganni te stesso? ...». — Ed io posso legger questo e non morire? O parole uscite da’ piú profondi luoghi del centro! O Lardone, e nel regno d’Amore trovasi piú gran mostro?