Pagina:Della Porta - Le commedie II.djvu/143

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atto secondo 131


Cintia. Vi ponete a pericolo che, scoprendosi un tantino, la perderete per sempre.

Erasto. Ella è in punto di partorire e bisogna che si scuopra: un poco piú over un poco meno non importa.

Cintia. Forse fra questo mezo porebbe balenar per voi qualche raggio di speranza.

Erasto. Né mi basta sol questo; ma quando trattarete con lei in questo particulare, vorrei esservi io presente e ascoltarlo con le mie orecchie.

Cintia. A che proposito? dubitate forse non si faccia l’ufficio cosí caldamente come desiate?

Erasto. Sapete che gli amanti intorno i loro amori credono solo al testimonio degli occhi loro. Fate, Cintio mio caro, ch’io non resti cosí defraudato d’un mio cosí ardente desiderio, e se amate la mia vita adopratevi per lei.

Cintia. Non si lascierá opra per servigio vostro, e se non di tutto, almeno in parte ne resterete sodisfatto. Tratterò con lei; ma bisogna che restiate discosto e appiattato di modo ch’ella non se ne accorga, ché, cosí ingannandola, voi ne resterete sodisfatto e a lei non darete occasione di dolersi di voi.

Erasto. Vi prego a mostrarmi con effetto quello ch’or dimostrate con le parole. Ma non è Amasia quella ch’or si mostra in fenestra? ella è per certo e par che mostri voglia di ragionarvi: vi sta mirando.

Cintia. (O Dio, a che punto costei ha voluto comparir in fenestra!).

Erasto. O felice incontro! Or conoscerò, Cintio mio caro, quanto appresso di voi vagliano le mie preghiere.

Cintia. Scostatevi ché non vi vegga, se non che sconciaremo il tutto.

Erasto. Sto qui bene?

Cintia. Un poco piú in lá; un altro poco: cosí state benissimo. (O Dio, in che pericolo mi pongo! Questo voler ascoltar con l’orecchie sue e voler chiarirsene con gli occhi suoi è un certo che di voler tacciarmi di mancamento di fede, e io conosco al volger degli occhi che ha non so che contro di me. Certo