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134 la cintia

recitar la comedia non posso prometterlo, ché tra noi donne vogliam far maschere questa sera.

Erasto. (Ha detto: che «questa sera» verrá per servirlo, né di ciò bisogna che ce ne abbi «obligo alcuno», e che ha «piú a caro servirlo che d’esser servito». All’ultimo non so che ha detto. O felice mia ventura!).

Cintia. Ma quando io vi reservirò tanta grazia?

Amasio. Farei altra cosa per amor vostro.

Cintia. Vorrei un’altra grazia da Vostra Signoria: ...

Amasio. Comandate liberamente.

Erasto. (Le chiede «un’altra grazia»: certo sará da farsi veder liberamente in fenestra).

Cintia. ... che quando mi mandate le vesti, me le porgeste per quel vicolo con una pertica e che non le faceste veder per la fenestra sopra la porta senza gelosia; ...

Erasto. (Giá l’ha pregata che compara «su la fenestra senza gelosia sopra la porta»).

Cintia. ... accioché le genti vedendole non pensino alcun male. ...

Amasio. Farò quanto da voi mi vien comandato.

Erasto. (O vita mia, quanto ce l’ha concesso liberamente! Ma non so che altra cosa ha detto piú bassamente. O Cintio mio caro, e con quanto bel modo ne la priega! Dove sei, o Dulone, ché l’ascoltassi, ché conosceresti Cintio quanto fusse lealissimo amico?).

Cintia. ... E questo per un effetto importantissimo: ...

Amasio. Io non vi ho inteso. Accostatevi un altro poco: dove sète?

Cintia. Dove era sto. — ... dico, per un effetto importantissimo.

Erasto. (Ha nominato «Erasto», e dice: «per un effetto importantissimo»).

Amasio. (Giá Lidia compar su la fenestra — oh, mia ventura! — e la balia le sta a lato: certo ne aiuterá al bisogno). — Signor Cintio, una vostra umilissima serva ancora vi supplica d’un favore.