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148 la cintia

la strada, che non mi vuol dar luogo che me ne vada per il fatto mio).

Dulone. Ma perché desideri tedeschi, svizzeri e scavezzacolli e diavoli, se la rabbia l’hai solo con Cintio che con i suoi ruffianesmi t’ha tolta l’innamorata?

Amasio. (Io non posso passar innanzi se non scaccio costor prima dalla strada).

Capitano. Adesso lo desidererei cosí all’oscuro che non potesse dir: — Siatemi testimoni! — né avesse speranza che fossimo spartiti. O Dio! se comparisse qui, subito me li presenterei con la punta su gli occhi; e s’egli sfugisse il colpo di vita, cambierei cosí de piedi e gli sarei sopra con un mandritto; e s’egli cedesse alla furia e si ritirasse adietro — ché parar di lama sarebbe mal sicuro, ché lo fenderei per mezo insino al centro della terra, — io con un salto a piè pari gli sarei nel fianco e con uno stramazzone e con un falso filo ne farei centomilla quarti.

Amasio. (Chi è questo squartatore in aria? sará certo quel ballon da vento del capitano, né sará per levarsi di qua se non lo scaccio per forza).

Dulone. Oh che ventura, capitano, ecco Cintio, quel che tu tanto desideravi! Vorrebbe passare innanzi e non può per esser visto da voi.

Capitano. Cintio è costui? Cintio? Per vita di Marte, altri che lui non desiava: non mi posso piú tenere che non mi lassi correre! Olá, chi sei? passa alla larga: non s’incontri meco chi vuol pace!

Amasio. Perché ti ho sofferto troppo, sei fatto cosí insolente; chi sei, olá? fatti innanzi!

Capitano. Costui non dice a me, che se sapesse chi sono tremerebbe dal capo alle piante.

Amasio. A te dico, capitano, se sei uomo da bene fatti innanzi!

Capitano. Non fui, non sono né voglio essere uomo da bene.

Dulone. (O cosa da crepar delle risa!).

Capitano. Ma tu chi sei?

Amasio. Son chi vuoi tu che sia, quel Cintio che desiavi.