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168 la cintia


Balia. Figlia, tu sei cosí ebra dell’ira e infrenesita dal furore che capiterai male. Non correr con tanto impeto, frena i tuoi spiriti cosí feroci e furiosi, spera un poco meglio. Il tempo suol apportar piú maturo consiglio: forse la fortuna ci apporterá qualche rimedio, ci fará qualche favore.

Cintia. Che rimedio può trovarsi ove non è rimedio alcuno? il caso è irremediabile! Se la fortuna ci ha mostrato qualche favore, ha fatto l’ultimo suo sforzo come quando all’infermo viene il miglioramento della morte. Giá s’è scoverto che Amasia sia uomo; e in un’ora, in un punto si son scoverti tanti inganni, son perdute tante fatiche e tanti consigli che abbiam fatto tanti mesi e anni. Non ci è piú speranza, non ci è piú pericolo, non ci è piú che temere, ogni cosa è piena di garbuglio: ecco il fiele che ave amareggiato tutte le passate dolcezze — se posso dir in tanto tempo aver gustato alcuna vera dolcezza!

Balia. Che hai dunque determinato di fare?

Cintia. So ch’egli arde di rabbia contro me e m’odia insino a morte: incontrandomi con lui, porrá subito le mani all’armi, le porrò anch’io. Io cercherò di pungerlo e inasprirlo con le piú ingiuriose parole che saprò imaginarmi. Al primo colpo gli mostrarò disavedutamente il fianco accioché mi passi il core: vo’ che quella mano che da principio mi involò il core, quella istessa lo ferisca e uccida. Quando poi mi conoscerá morta, conoscerá parimente il mio amore e la mia fede; e so che la sua spada passará allor in un punto duo cuori. Cosí morendo per le sue mani, mi saranno le piaghe care e fortunate; morrò felice e con quella morte mi involerò dalla morte. Però ti prego non invidiarmi cosí dolce e felice morire!

Balia. Non sará meglio, o figlia, che gli scuopra ch’io sola son stata cagione del tutto e ch’io l’ho ingiuriato e tradito; accioché, sfogando la rabbia contro la mia vita stanca giá di viver e poco lontana dalla morte, serbi la tua piú degna vita a piú felice fortuna? Qual sarebbe la mia vita, tu mancandomi? rimarrei orfana, vedova, sola e sfortunata, ché tu in vece di tutti sei mia madre, mio marito, mia compagna e mia figlia.