Pagina:Della Porta - Le commedie II.djvu/187

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atto quarto 175


Cintia. «Chi non ha fede non crede». Ti giuro da quel che sono!

Erasto. Da un disleale, da un traditore.

Cintia. Credete a me!

Erasto. Crederò io a quella lingua mendace che m’ha fatto mille spergiuri?

Cintia. Io non feci in voi mai cosa onde meritasse riceverne cosí ingiuriose parole; ma qualunque ciò dice contro di me, ne mente mille volte per la gola!

Erasto. Ecco qui il testimonio. Vien qui, Dulone: non hai tu visto costui la notte passata in casa mia ragionar con Lidia ed entrare in casa mia?

Dulone. È vero e l’ho visto!

Cintia. Tu hai visto me entrar in casa sua la notte passata?

Dulone. Io io, sí sí, con questi occhi!

Cintia. Se tu non fossi suo servo a cui porto rispetto, ti darei tanti calci su lo stomaco che ti farei vomitar il sangue e l’anima, o la veritá. Ma s’era di notte, come mi conoscevi?

Dulone. Ti conobbi alla statura, alla voce, alle vesti, al mover della persona, al volto senza barba.

Erasto. Anzi quello che costui dice, Lidia lo conferma e mi cerca vendetta dalla violenza che l’hai tu usata.

Cintia. Io non l’ho fatto violenza, ma riveritala sempre come mia sorella.

Erasto. Dulone, di’ a Lidia che cali giú: vo’ veder se, nello affronto, in quel tuo volto vitriato resterá qualche segno di vergogna.

Cintia. Non trovarete mai altro che la notte passata, che voi giaceste con quella che voi tanto ingiuriate, io non mi partii da voi, e se fui sempre con voi, non poteva essere altrove.

Erasto. Non darò piú fede alle parole tue.