Pagina:Della Porta - Le commedie II.djvu/193

Da Wikisource.

atto quinto 181

ché dubito che non siate prevenuto da lei, che, per scampar presto dalle miserie che gli sovrastano, vuol con la morte por fine alla sua favola.

Arreotimo. Che ti parrebbe di fare?

Balia. Trovar Sinesio, vostro carissimo amico, e componere seco di modo il fatto che si racchetino fra loro.

Arreotimo. Cosí vo’ fare. Tu vattene a casa; e se Cintia vi cápita, dille per quanto ha cara la grazia mia, che non si parta fin ch’io non ritorno. Io veggio Sinesio molto minaccioso e iracondo; se ne viene alla volta mia.

Balia. Io vado.

SCENA II.

Sinesio, Arreotimo.

Sinesio. Arreotimo, vengo a recarti nuova di grandissima importanza e molto stomachevole e molesta, ma necessaria in ogni modo che si sappi; e dubito che la nostra antica amicizia, nella quale fin da fanciulli siamo allevati insieme, or s’abbia a partir con odio e con rancori, e piaccia a Dio senza sangue, ché sai che i pericoli e l’ingiurie rompono i legami dell’amicizie.

Arreotimo. Di che cosa?

Sinesio. L’ascoltarete. Sappiate che Cintio vostro figliuolo, fingendo di far giacere Erasto mio figlio con una certa sua innamorata, gli ha supposta in cambio di lei qualche donna di cattivo essere; ed egli intanto se ne veniva in mia casa dove era ricevuto come figliuolo, e sotto color di voler Lidia mia per isposa, l’ha tolto l’onore. Or che vi par di questo? vo’ che si dia la sentenza di tal ingiustizia con la vostra bocca.

Arreotimo. Veramente il fatto è assai brutto e infamissimo, ed io desidererei sopra di ciò il parer tuo.

Sinesio. Dirò alla libera quanto giustamente si devria fare, ché se ben siamo in conflitto di tante passioni, pur convien che al fin prevaglia la ragione. Bisogna che questa burla gli costi molto cara. Prima porlo in man della giustizia, ché ben