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12 l’olimpia


Balia. Mastica Mastica!

Mastica. ... Io sento — che lupi, che cani — piú di cento leoni nello stomaco; io non vorrei far mai altro che mangiare, non mi veggio satollo mai, anzi quanto piú mangio piú cresce la rabbia. La fame ha preso tanto dominio sopra di me, che quanto piú cerco torlami da dosso piú vi se attacca.

Balia. O Mastica Mastica!

Mastica. Chi chiama Mastica non chiama me: chiamimi «digiuno» se vuol che gli risponda. Non vo’ esser Mastica, che non mastico se non sputo e vento.

Balia. Oh che affamata risposta!

Mastica. Oh che sciapita chiamata!

Balia. Non sei Mastica tu?

Mastica. Cosí tu fossi un pasticcio, ch’al primo ti porrei mano al cappello e mi ti tranguggiarei in un boccone!

Balia. Parea che non mi conoscessi.

Mastica. La fame m’avea cosí offuscati gli occhi che non ti conosceva.

Balia. Hai fame cosí mattino?

Mastica. Non sai tu che la mattina apro prima la bocca che gli occhi?

Balia. Ho bisogno del fatto tuo; odi un poco.

Mastica. Che vuoi tu ch’oda? «Ventre che non rode, mal volentier ode».

Balia. Lascia questi scherzi.

Mastica. Lascia questo braccio.

Balia. Vien qua e fai bene.

Mastica. Non trascinare e fai meglio! Oh, che avessi incontrato la carestia piuttosto questa mattina che te! sai come mi piacciono le tue pari!

Balia. Fa’ questo piacere a me.

Mastica. Non vo’ far questo dispiacere a me né alla mia persona; so ben quel che tu vuoi. Per parlarti chiaro, balia, se ben tutte le donne son insaziabili di natura, la tua non ha né fin né fondo. Star morto di fame, stracco, fastidito e donne intorno, pensalo tu.