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312 lo astrologo


Cricca. Or andiamo dove volete.

Pandolfo. Ecco la casa: dimanda costui.

Cricca. Costui mi pare da Fuligno.

Pandolfo. Che vuol dir «fuligno»?

Cricca. «Degno di una fune e d’un legno»!

SCENA III.

Gramigna, Pandolfo, Cricca.

Gramigna. Che dimandate voi?

Pandolfo. Sète di casa?

Gramigna. Son servo dell’astrologo divino.

Cricca. Avrá ben bevuto l’astrologo, poiché è di vino.

Gramigna. «Divino», cioè che sa delle stelle, dalli cieli e di cose celestiali, e perché indovina.

Pandolfo. Si potria parlare col vostro indovino?

Gramigna. È ritornato stracco dalla caccia de spiriti e di intelligenze, e n’ha portato piú di cento carafelle piene; e or sta con quadranti, astrolabi e metereoscopi e altri stromenti, osservando la congiunzione de’ pianeti.

Cricca. Dunque i pianeti si congiungono in cielo e s’impregnano? e che cosa partoriscono?

Gramigna. Buoni influssi quando son maschi, cattivi quando son femine.

Cricca. Che flussi: di sangue o di cacaiole?

Pandolfo. Dice «influssi» e non «flussi», bestiaccia! Doppo l’osservazione avremo audienza noi?

Gramigna. Si porrá a tavola a mangiare e bere.

Pandolfo. Che berrá? che mangiará questa mattina?

Gramigna. Una Venere allessa e un Mercurio arrosto.

Pandolfo. Perché Venere prima e poi Mercurio?

Gramigna. È uomo fuor del naturale.

Cricca. Guardisi che non moia d’altro caldo che di sole.

Pandolfo. Mangiando che beve?