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atto terzo 47


Trasilogo. Io farei scotendo cader la torre di Babilonia: farò piú io solo che gli arieti, le catapulte, bombarde e l’artiglierie.

Squadra. Sento genti, signor capitano. ... Non è nulla, non è nulla.

Trasilogo. Taci, codardo! che avilisci costoro. Su, mano all’armi, calate i ferri, ah capitan Trasilogo, innanzi innanzi!

Squadra. Oh come fate bene! dite: — Innanzi innanzi! — e vi fate indietro indietro!

Trasilogo. Sciagurato, fo come il castrone che si fa indietro per ferir con maggior impeto dinanzi. Ah capitano, innanzi innanzi!

Squadra. Padrone, sento piú di mille uomini che calano con arme. ... No no, è stata una gatta.

Trasilogo. Facciamo una bella ritirata, che non è men bella che un forte assalto. Fermatevi! ... con ordine, con ordine. O ciel traverso!

SCENA VII.

Lampridio, Mastica.

Lampridio. Dove mi cacci? ho il bene in casa e mi meni altrove; se ben mi meni fuori, l’anima resta in casa. Ben è misero colui a cui la troppa abondanza gli è di carestia. A questo modo sarebbe stato assai meglio non avermici fatto entrare.

Mastica. Ben si dice che le cose simulate poco tempo ponno durare; ché questa mattina per i tuoi poco onesti portamenti se ne sarebbono accorte le pietre, non che le persone che hanno cervello, di questo tuo amore.

Lampridio. A torto ti duoli di me che in tutti gli atti mi sono mostrato la modestia stessa.

Mastica. A te pare cosí. Perché sei cieco tu, pensi che tutti gli altri sian ciechi. Tu non stai appresso Olimpia un momento che non ti trasmuti di cento colori; non mai te le distacchi da lato. In tavola stavi sempre come stupido a contemplarla, non mangiavi se non delle cose che mangiava ella, non