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DELLE DONNE 49

al disopra di quella degli uomini, notando come i trascorsi di questi provengano quasi sempre da cattiva direzione materna1. Sant'Agostino chiama iniqua anch'egli la legge Voconia2. E giova notare che la differenza fra le liberte e le matrone non ha nessuna influenza appo i Santi Padri nel determinare il grado di considerazione in cui essi tengono le donne. San Gerolamo fa anzi notare la mostruosità della morale pagana, che condannando l'adulterio, permette in pari tempo la libidine domestica colle schiave, quasi, egli dice, culpam dignitas faciat, non voluntas. E soggiunge, apud nos, quod non licet foeminis, aeque non licei viris, et eadem servitus pari conditione censetur3. Qualunque poi sia la condizione delle persone, Sant'Agostino sostiene che l'adulterio del marito è sempre più grave di quello della moglie4.

Troppo lungo sarebbe andare in cerca di molte altre dichiarazioni consimili nelle opere di quegli scrittori. Piuttosto occorre osservare che parecchi di essi, predominati giustamente dal proposito di purgare l'umanità dalle corruttele dei costumi pagani, e di fare le donne principali ministre del morale rinnovamento, posero loro dinanzi un ideale di perfezione troppo ristretto, e poco confacente ai bisogni della società. La verginità venne rappresentata come lo stato più degno delle donne cristiane, il matrimonio non venne raccomandato che come una specie di transazione fra il senso e la virtù, come una concessione alla natura ed al mondo, più che come un precetto morale e civile ad un tempo. Dottrine codeste, il cui germe risiede per verità in qualche insegnamento di san Paolo, ma che solo più tardi fiorirono in mezzo a quell'atmosfera di ascetismo che per poco non soffocò il Cristianesimo dei primi

  1. Ap. Genin, La Societè chrétienne ai 4e siécle, p. 156.
  2. De civ. Dei, III 21.
  3. Ep. LXXVII.
  4. De Cons. adult., II 19.
Gabba — 4