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DELLE DONNE 79

sesso, è un effetto della «inferiorità del sesso e della sua incapacità di conoscere e di governare sé medesimo»1; che le donne non sanno cogliere i rapporti delle cose se gli uomini non «glieli fanno toccare col dito»2; che la donna, più debole dell'uomo nella forza muscolare, non gli è meno inferiore nella potenza industriale, artistica, filosofica e morale»3. Nella celebre opera Della Giustizia nella Rivoluzione e nella Chiesa4, il Proudhon ribadisce e completale sue invettive contro il sesso femminile, ed espone in lungo e in largo il suo modo di pensare intorno alla natura e ai diritti di quello. L'essere umano, egli dice, «adeguato al suo fine» dal lato fisico, è il maschio;... la donna è un diminutivo dell'uomo,... è un ricettacolo de' germi che l'uomo solo produce, un luogo di incubazione, come la terra pel grano;... un organismo, che presuppone la subordinazione del subbietto... una specie di mezzo termine fra l'uomo e il rimanente del regno animale»5. Come nel fisico, così nell'ordine intellettuale la donna non sa produrre germi, essa ha percezioni, memoria, immaginazione, è capace di attenzione, riflessione, giudizio, ma idee proprie non può avere»6. La donna non generalizza, non sintetizza; il suo ingegno antimetafisico7 è essenzialmente e irreparabilmente falso8. Essendo la forza un elemento importante nella determinazione del diritto, ed essendo la donna di un terzo meno forte dell'uomo, ne conseguita che la ripartizione dei sociali vantaggi fra l'uomo e la donna dovrà essere nella stessa proporzione, cioè che «l'uomo sarà il padrone, e che la donna dovrà obbedirgli». «La fìsica debolezza, le infermità, la maternità escludono fatalmente e giuridicamente la donna da ogni

  1. Ib., p. 130.
  2. Ib., p. 143.
  3. Ib., p. 144.
  4. De la justice dans la Révolution et dans l'Eglise, 1858.
  5. Ib., vol. III, p. 306.
  6. Ib., p. 354.
  7. Ib., p. 357.
  8. Pag. 349.