sesso, è un effetto della «inferiorità del sesso e della sua incapacità di conoscere e di governare sé medesimo»[1]; che le donne non sanno cogliere i rapporti delle cose se gli uomini non «glieli fanno toccare col dito»[2]; che la donna, più debole dell'uomo nella forza muscolare, non gli è meno inferiore nella potenza industriale, artistica, filosofica e morale»[3]. Nella celebre opera Della Giustizia nella Rivoluzione e nella Chiesa[4], il Proudhon ribadisce e completale sue invettive contro il sesso femminile, ed espone in lungo e in largo il suo modo di pensare intorno alla natura e ai diritti di quello. L'essere umano, egli dice, «adeguato al suo fine» dal lato fisico, è il maschio;... la donna è un diminutivo dell'uomo,... è un ricettacolo de' germi che l'uomo solo produce, un luogo di incubazione, come la terra pel grano;... un organismo, che presuppone la subordinazione del subbietto... una specie di mezzo termine fra l'uomo e il rimanente del regno animale»[5]. Come nel fisico, così nell'ordine intellettuale la donna non sa produrre germi, essa ha percezioni, memoria, immaginazione, è capace di attenzione, riflessione, giudizio, ma idee proprie non può avere»[6]. La donna non generalizza, non sintetizza; il suo ingegno antimetafisico[7] è essenzialmente e irreparabilmente falso[8]. Essendo la forza un elemento importante nella determinazione del diritto, ed essendo la donna di un terzo meno forte dell'uomo, ne conseguita che la ripartizione dei sociali vantaggi fra l'uomo e la donna dovrà essere nella stessa proporzione, cioè che «l'uomo sarà il padrone, e che la donna dovrà obbedirgli». «La fìsica debolezza, le infermità, la maternità escludono fatalmente e giuridicamente la donna da ogni
- ↑ Ib., p. 130.
- ↑ Ib., p. 143.
- ↑ Ib., p. 144.
- ↑ De la justice dans la Révolution et dans l'Eglise, 1858.
- ↑ Ib., vol. III, p. 306.
- ↑ Ib., p. 354.
- ↑ Ib., p. 357.
- ↑ Pag. 349.