Pagina:Della consolazione della filosofia.djvu/12

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giustamente, che scampare? La cui eredità, mentre che la setta epicurea, e la stoica, e tutte l’altre si sforzano di rapire e appropriare ciascuna a sè stessa, come sua parte, e me, che gridava, e non voleva andarne, tirando per forza come lor preda, mi stracciarono la vesta, la quale io stessa colle mie mani tessuta m’aveva; e tolto da quella alcuni pezzi, pensando ciascuno d’avermi tutta, si dipartirono; ne’ quali, perciocchè si vedevano alcuni segni dell’abito nostro, gli uomini, che per lo più sono imprudenti, giudicandoli di mia famiglia, ne fecero alcuni, mediante l’errore del volgo profano e ignorante, mal capitare. E se tu per ventura non sai nè che Anassagora si ebbe a fuggire, nè che Socrate fu costretto a pigliare il veleno, nè che Zenone fu tormentato a mia cagione per lo essere costoro forestieri; debbi sapere almeno quello che avvenne a Cannio, a Seneca ed a Sorano, la memoria de’ quali non è vecchia molto, ma bene molto celebrata, li quali niente altro menò a morte, se non che, ammaestrati da’ costumi nostri, erano dissomigliantissimi agli studii e malvagie voglie degli uomini rei: per che non hai da maravigliarti se noi altri siamo nel mare di questa vita da varie procelle sospinti, il cui principale intendimento è dispiacere alli cattivi, il numero de’ quali, tuttochè sia innumerabile, non perciò si debbe temere, conciosiacosachè egli non ha guida nessuna che lo regga, ma è solamente trasportato ora in qua ed ora in là da folle errore, come gli stolti, il quale se pure alcuna volta mettendosi in ordinanza ne preme gagliardo, la nostra