Pagina:Della consolazione della filosofia.djvu/139

Da Wikisource.

139

pio. Ma tu dirai: qual confusione più iniqua può essere, che vedere che a’ buoni ora avverse cose e ora prospere, e a’ rei ora le desiderate e ora l’odiose avvengano? Or dimmi: vivono gli uomini con quella interezza di mente, che coloro, i quali essi giudicano che siano buoni o rei, debbano cotali essere di necessità, chenti eglino gli stimano? Ed è il bello, che i giudizii degli uomini non sono d’accordo in questo, anzi combattono; perchè coloro i quali alcuni giudicano degni di premio, alcuni altri degni di castigo gli giudicano. Ma concediamo che alcuno possa i buoni e li rei discernere: potrà egli però quello intimo e segreto temperamento degli animi, come de’ corpi si suol dire, risguardare e conoscere? E la medesima meraviglia parrebbe a uno che non sapesse medicina; onde è che de’ corpi sani a certi le cose dolci, a certi le amare convengano, e perchè de’ malati alcuni con cose leggiere e lenitive, alcuni con agri rimedii e più gagliardi si curano. Della qual cosa il medico, che sa la misura e il temperamento della sanità e del morbo, punto non si maraviglia. E nel vero, che altro possiamo noi stimare che sia la sanità degli animi che la bontà, e che altro la malattía che i vizii? e chi altri il conservadore de’ beni e lo scacciatore de’ mali, che il rettore e medicatore delle menti, Dio? il quale, dall’alta veletta della provvidenza guardando, quello che a ciascuno convenga conosce, e quello che convenirsi conosce concede. E di qui oggimai può apparire l’ordine fatale, il quale pare sì gran miracolo agl’ignoranti, e nel vero non è; perchè qual gran meraviglia quando si