Pagina:Della consolazione della filosofia.djvu/156

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suna ferma, ma più tosto opinione e credenza incerta; il che di Dio credere giudico essere illecita cosa e nefanda: perciocchè io non approvo quella ragione, colla quale si credono alcuni di potere il nodo sciogliere di questa quistione, dicendo non perciò dover venire alcuna cosa, perchè la provvidenza lei dover venire ha preveduto; ma più tosto, per lo contrario, perchè alcuna cosa debbe venire, perciò non potere essere nascoso alla provvidenza divina. E in cotal modo questa necessità viene a ritornare tutta al contrario; perchè egli non è di necessità che quelle cose, le quali sono antivedute, avvengano; ma è di necessità che quelle cose, le quali debbano avvenire, si preveggano: come se propriamente noi brigassimo di sapere se la prescienza è cagione della necessità delle cose future, o la necessità delle cose future della provvidenza, e non ci sforzassimo di dimostrare, l’avvenimento delle cose prescite, cioè sapute innanzi, in che che modo stia l'ordine delle cagioni, esser necessario; cioè dovere di necessità avvenire le cose antivedute da Dio, ancorachè la prescienza, cioè il sapere Dio le cose innanzi, non paja che faccia che le cose future debbano avvenire necessariamente a ogni modo. Perchè, se alcuno siede, l’opinione che avvisa lui sedere, è necessario che vera sia; e per l’opposto, se l’opinione che alcuno siede è vera, è necessario che egli segga. Dunque nell’uno e nell’altro, cioè in amendue, è la necessità: nel primo è necessario il sedere; nell’altro l’opinione essere vera: ma non perciò siede alcuno, perchè l’opinione che egli siede è vera; ma più tosto è vera l’opinione, perchè